Le opere
di Mirko Cavalli, pongono tutti noi di fronte a un repertorio estetico
che ci porta a rivivere una stagione della modernità astratta
informale e dintorni, che si declina soprattutto in rapporto a
poetiche di artisti come De Kooning, Afro, Kline, Rauschenberg.
Ma fare questi riferimenti e questi nomi non significa sminuire
l'originalità del lavoro del nostro artista, bensì individuarne i
solidi fondamenti in tutto un versante stilistico che è diventato un
archetipo non marginale della cultura artistica contemporanea.
Attraverso questi acrilici ed oli, Cavalli dimostra la sua volontà dì
dare all'energia del gesto e alla libertà del segno un primato
assoluto, tanto più significativo, nella misura in cui il mondo nel
quale viviamo è un mondo di costrizioni e di interdetti, di regole e
di percorsi determinati, di armonie e di emozioni controllate; un
mondo repressivo con l'imprimatur della cultura e della morale.
Cavalli ci ricorda che la pittura, per essere tale, non necessita di
mimesis e di referenzialita, ma si situa in sintonia con una cultura
dell'azione, come corpo e visione, allucinazione e pulsione, una
cultura della mano che parla attraverso i nervi e il sangue. Ma se
questa pittura non è mimetica e referenziale, non per questo è priva
di storia, cosicché il suo action painting può essere letto come
simbolico di un presente che avvertiamo come inquietante. Un presente
al contempo relativamente lontano e vicino, ricolmo di conflitti e di
orrori, di martirii e di lacerazioni, dagli eventi rappresentati da
Goya ne il 2 maggio e il 3 maggio 1808 al 'sangue d'Europa' di questi
nostri anni alle soglie del Terzo Millennio. Tempi di azioni contro la
diversità, da un lato e contro-azioni per ristabilire un ordine e il
rispetto dei diritti, dall'altro. Ma comunque sempre orrore, sempre
distruzioni e sangue che si allaga o schizza, che si deposita o si
raggruma; sempre, immagini di forme che si disfano e ci lasciano
con-fusi di fronte all'assurdo.
La pittura di Cavalli contiene in sé un esasperato vitalismo 'primitivistico',
che si coniuga da un lato con una volontà di metamorfosi in cui tutte
le forme del mondo assumono fisionomie diverse, dove la terra è blu
come un'arancia e la notte è rossa come un sole infuocato e,
dall'altro, con una fenomenologia di punti d'incontro fra le cose non
materialmente collegabili. Il nostro artista 'sporca' le sue tele di
colori, per invitare tutti noi a 'sporcarci le mani' con l'esistenza
stessa, nell'entusiasmo di vivere e nell'indignazione di fronte
all'orrore. In questo senso la pittura diviene una pratica che si
presenta come significativa non per 'fotocopiare' il reale, nel senso
del naturalismo e del realismo, ma per farcelo comprendere dove le
parole non bastano o ne sono incapaci, nel senso che risultano sovente
inadeguate a farci vedere le 'macchie' che attraversano le nostre vite
di ieri e di oggi.
Qualcuno potrà anche leggere in modo formalistico la scrittura
pittorica di Cavalli e intrattenerci legittimamente sui contrasti fra
i colori, sull'Intersecarsi delle linee e degli spazi, sui rapporti
fra colori caldi e colori freddi, su verticalità e orizzontalità più o
meno immaginarie o reali. Credo tuttavia che sia più opportuno
interpretare questi suoi dipinti come emblemi dì un'inquietudine, che
è quella hic et nunc di tutti noi attenti e stupiti perché, sempre di
nuovo, non solo la bellezza si coniuga con il sublime, ma restano di
continuo in agguato il potere di forze oscure e gli intrighi dei
costruttori di rovine. In tale prospettiva, se i dipìnti di Cavalli
contribuiscono a suggerire queste ed altre problematiche, anche in
direzioni diverse da quelle che abbiamo indicato, allora significa che
hanno raggiunto il loro obbiettivo. Pensare la pittura significa anche
individuare fino a che punto la pittura stessa, in generale, e questi
dipinti in particolare, ci aiutino a pensare ciò che vi è di più
essenziale nella condizione umana. Già dai tempi di Leonardo sappiamo,
d'altronde, che la pittura è 'cosa mentale' e che anche la mano più
abile è al servizio del pensiero. Ma se tale 'servitù' ha un senso è
perché il pensiero ha riconosciuto il primato dell'essere e della
responsabilità, della reciprocità e della vita. Cavalli osserva il
mondo e ne rimira il riflesso dentro di sé dandoci frammenti informi
del mondo stesso, cosciente che vedere è comprendere e giudicare,
trasformare e immaginare, ricordare e dimenticare, apparire e
scomparire. L'io (il noi) e il tu (gli altri) si affermano, si
coniugano e si trasformano in relazione reciproca, nella
consapevolezza che io non mi conosco se sono solo me stesso, ma se
sono altresì un 'altro'. In tale direzione il pittore è anche
spettatore, creatore che pensa a chi guarda, e lo spettatore è anche
pittore (artista), interprete che si identifica in chi crea e con gli
infiniti modi possibili di creare nel processo di
duplicazione/ricreazione del mondo messo a punto dall'arte; un'arte
che, nel caso di Cavalli, tematizza, attraverso un processo creativo
di carattere astratto-informale, un orizzonte di possibiltà e di
combinazioni espressive, che stimolano nell'osservatore cammini di
molteplici interpretazioni, nella prospettiva di un ruolo attivo della
nostra stessa soggettività fruitiva in quanto produttrice di senso. |